Obbligatorio versare alla Cassa i contributi relativi allo svolgimento dell’attività di consulenza. Escluso l’obbligo solo nel caso non sia ravvisabile connessione tra attività svolta e conoscenze tipiche del professionista
INFORMATIVA “PROFESSIONE GEOMETRA” DA ASSOCIAZIONE NAZIONALE DONNE GEOMETRA Il professionista deve versare i contributi alla Cassa di appartenenza per tutte le attività connesse all’esercizio della libera professione, dunque, anche quelle espletate nella veste di consulente per conto di una società. È irrilevante, nel periodo di riferimento, l’iscrizione alla gestione separata INPS. È questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione INFORMATIVA “PROFESSIONE GEOMETRA” DA ASSOCIAZIONE NAZIONALE DONNE GEOMETRA
Il professionista deve versare i contributi alla Cassa di appartenenza per tutte le attività connesse all’esercizio della libera professione, dunque, anche quelle espletate nella veste di consulente per conto di una società. È irrilevante, nel periodo di riferimento, l’iscrizione alla gestione separata INPS. È questo il principio stabilito dalla Corte di Cassazione con la Sentenza n. 4982 del 04/03/2014.
I giudici premettono che sulla materia esiste un duplice orientamento giurisprudenziale. Secondo un primo orientamento non è configurabile alcun obbligo contributivo in relazione al reddito prodotto dal professionista, ove questo non sia direttamente collegabile all’esercizio dell’attività libero professionale per la quale vi è stata l’iscrizione in appositi albi o elenchi, essendo insufficiente tale iscrizione, pur necessaria per l’esercizio dell’attività, a determinare la nascita dell’obbligo contributivo; con la conseguenza che, qualora un soggetto iscritto svolga attività rientrante in quella per il cui esercizio è richiesta l’iscrizione in appositi albi o elenchi, l’obbligazione contributiva è configurabile solo nell’ipotesi in cui risultino compensate attività obiettivamente riconducibili all’esercizio della professione (cfr. C. Cass. 11/06/2004, n. 11154; C. Cass. 19/02/2008, n. 4057).
Secondo altro orientamento, invece, l’imponibile contributivo va determinato alla stregua dell’oggettiva riconducibilità alla professione dell’attività concreta, ancorché questa non sia riservata per legge alla professione medesima, rilevando la circostanza che la competenza e le specifiche cognizioni tecniche di cui dispone il professionista influiscano sull’esercizio dell’attività svolta, cosicché debba ritenersi che le prestazioni siano state rese (anche) grazie all’impiego di esse (cfr. la recente C. Cass. 08/03/2013, n. 5827).
A questo secondo orientamento si è uniformata la sentenza in argomento chiarendo che l’obbligo contributivo copre qualunque tipo di attività connessa alle competenze professionali della categoria.
Secondo i giudici di legittimità «il concetto di “esercizio della professione” va interpretato non in senso statico e rigoroso, bensì tenendo conto dell’evoluzione subita nel mondo contemporaneo (rispetto agli anni a cui risale la normativa di “sistema” dettata per le varie libere professioni) dalle specifiche competenze e dalle cognizioni tecniche libero professionali; – ciò ha comportato la progressiva estensione dell’ambito proprio dell’attività professionale, con occupazione, da parte delle professioni, di tutta una serie di spazi inesistenti nel quadro tipico iniziale e, specificamente, per la professione di ingegnere, l’assunzione di connotazioni ben più ampie e di applicazioni diversificate rispetto a quelle originariamente previste, cosicché deve ritenervisi ricompreso, oltre all’espletamento delle prestazioni tipicamente professionali (ossia delle attività riservate agli iscritti negli appositi albi), anche l’esercizio di attività che, pur non professionalmente tipiche, presentino, tuttavia un “nesso” con l’attività professionale strettamente intesa, in quanto richiedono le stesse competenze tecniche di cui il professionista ordinariamente si avvale nell’esercizio dell’attività professionale e nel cui svolgimento, quindi, mette a frutto (anche) la specifica cultura che gli deriva dalla formazione tipologicamente propria della sua professione».
Da questo assunto la Suprema Corte fa discendere, pertanto, «l’esclusione della sussistenza dell’obbligo contributivo solamente nel caso in cui non sia, in concreto, ravvisabile una connessione tra l’attività svolta e le conoscenze tipiche del professionista».
Nella fattispecie la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un ingegnere condannato, dalla Corte d’Appello di Roma, a versare i contributi Inarcassa (Cassa nazionale di previdenza e assistenza per ingegneri ed architetti liberi professionisti), in relazione a un periodo nel quale aveva prestato delle consulenze per conto di una società.
Corte di Cassazione, sentenza 4 marzo 2014, n. 4982“
Obbligatorio versare alla Cassa i contributi relativi allo svolgimento dell’attività di consulenza. Escluso l’obbligo solo nel caso non sia ravvisabile connessione tra attività svolta e conoscenze tipiche del professionista”